di un cammino percorso insieme, riflettendo in particolar modo sul tema: "L'Amore come terapia e come senso della vita! Con la scienza, ma oltre la scienza".
Un tema intorno al quale si è fortemente riunita come famiglia, non solo la Comunità presente sul territorio italiano, ma anche quella del Perù, della Colombia e dell’Ucraina, quest’ultima rappresentata da alcuni operatori e, in particolare, da un giovane che, insieme ad altri dieci residenti in Italia, ha raggiunto per la prima volta nella sua vita uno dei più preziosi traguardi: la conclusione del programma.
La mattinata di Sabato 18 Giugno ha avuto inizio con la lettura del messaggio di auguri che Papa Francesco ha rivolto a p. Matteo, prima di tutto ribadendo che le sostanze distruggono la vita e creano la morte, quindi esprimendogli l'immensa gratitudine per il lodevole servizio profuso a favore di tanti giovani che lottano per superare il problema delle dipendenze e per tutti coloro che nella società e nel mondo contrastano e combattono il male causato dalla droga e dall'alcol, a difesa della vita come valore e come dono.
Il programma delle celebrazioni si è poi aperto con il convegno sul tema: “L’Amore come Terapia”, al quale hanno partecipato il Dott. Giuseppe Mammana, Direttore del Ser.T. di Foggia e Presidente di ACUDIPA, il Dott. Marco Becattini, Direttore del Ser.T. di Arezzo, il Dott. Tonino Cantelmi, Presidente dell’Istituto di Terapia Cognitivo – Interpersonale, il Dott. Fernando Ferrauti, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Patologie da Dipendenza della ASL di Frosinone, che ha coordinato i lavori.
Gli interventi dei partecipanti, tutti professionisti responsabili di strutture pubbliche che si occupano di dipendenza e di disagio psichico, hanno evidenziato come, anche nel campo delle dipendenze patologiche, sia indispensabile riscoprire l’importanza delle relazioni umane autentiche e del prendersi cura dell’altro, non solo come sfondo o contenitore per la buona riuscita di ogni intervento riabilitativo e sanitario (che non può comunque limitarsi alla mera somministrazione di farmaci e di terapie cronicizzanti), ma soprattutto come strumento terapeutico con propria efficacia sanante: la conclusione cui sono giunti dopo essersi confrontati, in anni di attività, con le problematiche concrete delle persone di cui si sono occupati, è che per riconquistarsi la dignità e la capacità di autodeterminazione, occorre superare da una parte l’individualismo eccessivo cui ci spingono i modelli di successo della nostra società, dall’altra i tecnicismi scientifici che riducono la persona a solo oggetto di studio; l’invito, rivolto da tutti , è quello di recuperare la dimensione partecipe della comunità degli uomini, in cui il farsi carico dei problemi dell’altro, l’annientamento di ogni solitudine, è la chiave di volta imprescindibile per il recupero delle persone che vivono il problema della dipendenza. Ha chiuso i lavori Sua Ecc.za Mons. Domenico Pompili, Vescovo della Diocesi di Rieti.
Nel pomeriggio è seguita una tavola rotonda sul tema: “L’Umano nell’Esperienza della Comunità in Dialogo”, a cui hanno partecipato amici e collaboratori della Comunità, coordinati dal Dott. Galimberti, che hanno raccontato, ciascuno secondo la propria esperienza, cosa è significato per loro questa vicinanza umana con i giovani in programma.
la prima giornata di celebrazione del 25° anniversario si è conclusa, dunque, con la conferenza stampa cui hanno partecipato l’On.le Tajani, il Dott. Stirpe, Mons Paolo Lojudice e P. Matteo Tagliaferri, che hanno risposto alle domande dei giornalisti presenti.
La giornata di Domenica 19 Giugno, alla presenza delle Autorità intervenute, in particolare del Prefetto Dott.ssa Emilia Zarrilli, del Dott. De Falco, Procuratore capo della Repubblica di Frosinone, del Questore Dott. Filippo Santarelli, del Col. Giuseppe Tuccio, comandante provinciale dei Carabinieri, del Tenente della Finanza di Fiuggi Mario Lanzano, e infine del Sindaco della città di Frosinone, Nicola Ottaviani, si è aperta con un importante momento di incontro e di dialogo interreligioso, cui hanno partecipato Sua Ecc.za Mons. Ambrogio Spreafico, Vescovo della Diocesi di Frosinone, il Dott. Riccardo Di Segni, Rabbino capo di Roma e Salameh Ashour, Presidente della Comunità Palestinese di Roma e del Lazio.
I lavori della tavola rotonda, avente come tema “Amore come Senso della Vita”, sono stati coordinati dall’On.le Antonio Tajani, vicepresidente del Parlamento Europeo e Incaricato dei Rapporti tra le Religioni in Europa.
Il convegno, che segue altri due momenti analoghi tenutisi nel 2006 e 2011, è stato intenso e produttivo e, nel corso di esso, il dialogo tra i partecipanti ha assunto anche toni e aspetti "ecumenici".
I relatori hanno infatti evidenziato come le tre grandi religioni monoteiste individuano nell'amore e nella solidarietà, le risposte più appropriate ai problemi e alle sofferenze di ogni essere umano, soprattutto nel contesto delle dipendenze. Più in generale, è emerso come l’uomo che autenticamente si mette in ascolto del Dio ebraico, cristiano e islamico, non può concepire la propria vita rivolta contro gli altri esseri umani: ogni uomo di Dio riconosce nell’altro, che professa anche una fede diversa, il prossimo cui farsi vicino.
Nella sua relazione l'Iman Ashour ha sottolineato che è necessario alimentare e promuovere i nostri sforzi, per combattere l'odio religioso. Ha poi aggiunto: «Sono pronto ad abbracciare il Vescovo, perché c'è l'abbraccio di Dio». Proseguendo ha detto: «Tutti dicono di essere mussulmani, ma non conoscono il Corano e provocano così guai terroristici, ma secondo il vero Islam non c'è odio». In merito al medesimo argomento il Dott. Di Segni ha ricordato che gli ebrei nonostante si siano inurbati a Roma da ventuno secoli, attualmente continuano a subire persecuzioni. Ma se c'è qualcuno che prega per noi, ha proseguito il Rabbino, si vive di più. Alle due precedenti dichiarazioni, si è unita quella dell'On. Tajani il quale ha auspicato: la nascita di un Islam Europeo più moderato, la conoscenza autentica del Corano e l'uso del linguaggio del paese nel quale si risiede. Sulla base di ciò che è stato formulato dai primi relatori, Mons. Spreafico con il suo intervento ha puntualizzato e concluso che la medicina a ogni ostacolo è dunque l'amore, sia perché la potenza dell'amore rende possibile la convivenza tra gli uomini e sia perché scongiura qualsiasi forma di odio, anche se è mosso da una religione.
A conferma di ciò, i venticinque anni della Comunità coronano l'esperienza dei giovani che nell'oggi continuano a vivere l'accoglienza dell'altro, nella sua essenza e nella sua bellezza, senza calcolare la provenienza, il colore della pelle, la lingua e la religione, ma nell'amarlo come proprio simile, testimoniano con gioia e con coraggio la verità che supera i confini, accorcia le distanze e abbatte il muro che separa e che produce distruzione e morte, quello stesso muro che la società odierna tutt'ora finge di non vedere.
Al termine, è stata celebrata la S. Messa, presieduta da p. Gregory Gay, Padre Generale della Famiglia Vincenziana, che durante l'omelia ha ribadito l'efficacia dell'apostolato svolto dalla Famiglia Vincenziana nel mondo e l'opera di solidarietà e amore di p. Matteo nella Comunità in Dialogo e con la Comunità oltre il continente europeo.
La partecipazione alla Santa Messa in Comunità rimane un momento particolarmente emozionante e coinvolgente, perché consente di toccare con mano, ma sarebbe meglio dire, di sentire con il cuore, la concretezza del desiderio di cambiare rotta da parte di chi vuole “rinascere a nuova vita”, lì dove si celebra la vita concreta di chi sta in cammino.
Nel corso del pomeriggio ha avuto luogo una tavola rotonda, coordinata dal Dott. Coletta, durante la quale i protagonisti sono stati alcuni giovani della Comunità ancora in cammino e altri che circa un anno fa hanno terminato il programma. Mediante le loro testimonianze hanno toccato il cuore di tutti i presenti, in particolare la drammatica testimonianza di Stefano Menci, un nostro carissimo amico dell'aretino che nonostante la sua grave malattia, con il racconto della sua esperienza vissuta in Comunità, non solo ha sconvolto, ma anche stupito e rapito l'attenzione di tutta l'assemblea. Nel prosieguo della serata di Domenica, si è aperto il sipario del palco sul quale i nostri giovani attraverso un recital si sono esibiti rappresentando il passaggio da una vita scevra e priva d'identità a un'esistenza ispirata ai nuovi valori proposti da p. Matteo e dalla Comunità: valori che fanno riassaporare innanzi tutto il gusto della ricchezza che è dentro di sé e di conseguenza il desiderio di ridonarli alle proprie famiglie e alla società.
In vista della conclusione del programma di dieci giovani italiani e uno ucraino, accompagnato dalla commozione e dall'abbraccio delle famiglie, p. Matteo li ha esortati a non farsi togliere da niente e da nessuno quel dono che oggi li fa vivere e felici. All'augurale invito di p. Matteo si è unito il caloroso e paterno saluto di Mons. Loppa il quale rivolgendosi direttamente ai giovani, ha affermato: «Oggi ho imparato tanto da voi, grazie e buon cammino». Certo è che alla fine in questa realtà che tutti chiamiamo mondo o cosmo e spesso spingendoci oltre definiamo universo, "Il fondamento dell'uomo, non è certamente la cultura del tecnico, del funzionamento, dell'effimero, della materialità, dell'esteriorità...ma del nostro essere...Bisogna riappropriarsi dei pezzi di essere, di Luce, di intuizioni, di profondità...di Dio". P. Matteo Tagliaferri.
Enzo e Marco
Comunità in Dialogo.